Ad un anno da Vaia

Dal legno, dalle nostre foreste e dalla natura, un impegno ed un insegnamento per ripartire.

28.10.2019

"Anno dopo anno, crescendo in questo mondo in balia degli eventi e del tempo, pochi vi staranno vicini, pochi vi abbracceranno, non abbiate paura di piegarvi al mondo, di spezzarvi o cadere, la forza della Vita vi farà rinascere, lasciate con tolleranza lavorare il tempo, come bambini in gioco camminate con lui, . . . e da piccolo albero tornerete a germogliare foresta!" 

Roberto Bristot – Come Alberi

 

Intervistata dalla televisione, per la realizzazione del cortometraggio “Come Alberi”, documentario sui danni provocati e sulla reazione delle comunità colpite dall’uragano Vaia, la piccola Giada ricorda, ora sorridente, di aver pianto, non tanto per la paura, durante la notte della tempesta, ma perché – al mattino- aveva visto gli alberi abbattuti. I suoi alberi, il suo panorama, cancellato.

L’impronta indelebile di Vaia

Ad un anno da Vaia, da quell’angosciante fine di ottobre, restano ancora, ovunque, le tracce indelebili di milioni di alberi abbattuti. La tempesta ha cambiato i colori e l’armonia del paesaggio: le montagne e le colline senza alberi appaiono fragili, inermi, a volte deformi, come invecchiati,  all’improvviso. Ci passiamo ogni giorno su quelle strade, passeggiamo in mezzo ai sentieri e non possiamo fare a meno di vedere, ad ogni metro, ad ogni passo, memoria di quanto successo.
Ad un anno da quella terribile notte del 28 ottobre 2018 restano ricordi, paure e numeri. Per il Trentino si è trattato di più di 4 milioni metri cubi di alberi schiantati, dei quali il 65% erano piante di abete rosso ed 1,3 milioni sono caduti qui, nella nostra Valle di Fiemme, la più colpita. Rispetto ai calcoli dei primi giorni, la stima dei danni è aumentata di un quinto. Si tratta, raccontano i tecnici dell’Agenzia per le foreste demaniali della Provincia di Trento, della quantità di legname che verrebbe abbattuta in Trentino, in modo programmato e gestito, in 15 anni. Un surplus di legname da lavorare, in fretta, prima che si deteriori, ammalandosi ed ammalando anche il terreno. Legname destinato alla lavorazione, indirizzato alle falegnamerie di mezza Europa.

Gli alberi, le vittime di Vaia

Ma sono gli stessi tecnici a ricordarci che “Ein Baum ist mehr als ein Baum”… “un albero è ben più di un albero”…. quanto accaduto con Vaia non si può raccontare solo in termini di metri cubi, di numeri. La foresta, gli alberi sono protezione del terreno e riparo per la fauna, sono paesaggio, sono i nostri polmoni perché puliscono l’aria, sono le nostre radici perché intercettano le piogge, le regimentano, rinforzando e rendendo saldo il terreno. Ed è forse per questo che Vaia ci ha fatto così male: perché non ha semplicemente abbattuto degli alberi. Ci ha fatto sentire fragili, ci ha tolto sicurezza, quella maestosa sicurezza che le nostre montagne e i nostri boschi ci hanno sempre, a loro modo, garantito. Con questa nuova, o forse semplicemente più matura, consapevolezza, è iniziata anche la fase della ripresa, della speranza: raccolte fondi, messa a dimora di nuove piante, documentari, semplici testimonianze o iniziative più strutturate. Iconico e struggente, tra tutti, il concerto dell’orchestra giovanile di archi “Monteverdi” di Cremona, dello scorso luglio a Paneveggio, nella foresta – straziata da Vaia- dove cresce l’abete rosso di risonanza, quello usato per fabbricare i migliori violini: un momento per fermarsi e capire, per dare un senso alle cose. E con lo stesso segno, alla Scuola Internazionale di liuteria “Stradivari” di Cremona, sono state destinate 2,5 tonnellate di quel pregiato abete di risonanza, schiantato al suolo, per trasformarlo in violini, viole, violoncelli, contrabbassi. Un inno alla resilienza, una parola entrata di recente nel vocabolario comune e forse già abusata, che racconta della capacità – quanto della natura, tanto dell’uomo- di riorganizzarsi, di riprendersi e ripartire, di cambiare rotta, di andare avanti nonostante tutto, oltre gli incidenti. Natura e uomo, insieme, ciascuno con i propri tempi, ma incredibilmente legati.

L’eredità di Vaia per noi di Parkemo

Per noi di Parkemo l’insegnamento di Vaia è innanzitutto questo: non possiamo stare senza la nostra natura, senza il nostro paesaggio. Sarà che siamo montanari, che da quando siamo nati, quando guardiamo fuori dalle finestre delle nostre case e dei nostri uffici, vediamo alberi e foreste, con le loro sagome e i loro colori, ma è impensabile, per noi, farne a meno, come ci ha ricordato, nella sua semplice testimonianza, la piccola Giada.

Certo, ci vorranno anni per comprendere appieno gli effetti di Vaia e decenni per vedere la foresta davvero ricrescere, ma noi una cosa l’abbiamo già imparata o forse solo ricordata: siamo il territorio e la natura che ci circondano, con la loro immanente e necessaria presenza, più di quanto siamo in grado di comprendere, perennemente distratti e affannati a far altro. Ricordiamocelo. Senza che debba arrivare per forza un urto, una Vaia qualunque, a raccontarcelo.



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